Il 17 di giugno dell’anno scorso, dopo il ferimento di uno dei manifestanti antiglobal a Goteborg, ferito alla schiena da un colpo di pistola esploso contro di lui dalla Polizia, mentre fuggiva, scrivevo sulle colonne dell’Ora di Palermo: «Che cosa significa il fatto che in un mondo supposto avanzato, in una Europa supposta democratica, in un paese come la Svezia, per anni modello di tolleranza e solidarietà sociale, un signore che si chiama Bodstrom e che fa il Ministro della Giustizia, di fronte a un ragazzo disarmato, ridotto in fin di vita dalle pallottole sparate ad altezza d’uomo da poliziotti schierati a difesa del privilegio dei potenti del mondo, dichiari: – La polizia non ha affatto perso il controllo, erano autorizzati a sparare -. Che cosa significa? Lo chiedo a voi, gentili lettori… Esiste una sola ragione al mondo la quale, in una democrazia compiuta, autorizzi le Forze dell’Ordine a fare fuoco su manifestanti disarmati? Quale sarà, a Genova, il prossimo passo?»
Quale sia stato il passo successivo, a Genova, ora lo sappiamo tutti, come sappiamo tutti, da ieri, che il Ministro dell’Interno italiano conferma che chi comanda è disposto a qualsiasi cosa, pur di stroncare la protesta e il dissenso democratico, quando il loro obbiettivo sono i potenti della terra. A Goteborg in giugno, come in luglio, a Genova, e domani chissà dove, certamente dovunque la protesta e la disobbedienza avranno l’ardire di rialzare la testa e di mettere nell’angolo la Bestia. L’ordine è stato, e probabilmente sarà, il medesimo.
Sempre quel 17 giugno scrivevo anche: «Qualche ventina di anni fa Pier Paolo Pasolini ricordò ai giovani contestatori che quei poliziotti che essi attaccavano erano i loro padri. Oggi, paradossalmente per le stesse ragioni, io voglio ricordare a quei poliziotti che saranno schierati a Genova che gli uomini e le donne contro cui potrebbe essere loro chiesto di sparare sono i loro figli, nipoti, fratelli: uomini e donne che sono lì a manifestare pacificamente perché il privilegio non abbia il diritto di impossessarsi del mondo, di renderlo schiavo, avvelenarlo, ucciderlo.»
Oggi so per certo che gli uomini che erano in quella camionetta, a Piazza Alimonda, non avevano letto Pasolini, come io ingenuamente avevo voluto credere, né avevano alcuna voglia di leggerlo. Dubito che gli sia venuta in questi ultimi tempi. E so anche chi era il quarto, invisibile uomo accucciato sul fondo del Defender. Era il Ministro Scajola.
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