Politica e movimenti

Chi ha ucciso l’anarchico Pinelli?

Sono passati più di trent’anni da quei tre tonfi che sorpresero Aldo Palumbo, cronista dell’Unità, mentre scendeva la scalinata della Questura milanese. A produrre quei rumori era il corpo di Giuseppe Pinelli, anarchico, fermato nel corso delle indagini a proposito della strage di Piazza Fontana, che precipitava da una finestra. Era la notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969. Si è suicidato, questa la versione ufficiale. In preda a un ‘malore attivo’ si è gettato dalla finestra della stanza dove veniva interrogato. In quella stanza, tra gli altri, c’era il commissario Luigi Calabresi, che da subito aveva seguito con decisione la cosiddetta ‘pista anarchica’.
Io avevo dodici anni, ma ricordo ancora la notizia data dalla radio, le dichiarazioni del Questore, Marcello Guida, che stilavano in anticipo la sentenza: questo suicidio equivale a una confessione. E ricordo mia madre che con rabbia diceva tra sé: io non ci credo. Ricordo le contro-inchieste, che svelavano tutte le contraddizioni che c’erano dietro il tentativo di far passare per suicidio la morte di un uomo che precipita rasente il muro, come se qualcuno lo avesse mollato giù già esanime, un suicidio per il quale era stata chiamata un’ambulanza già svariati minuti prima che accadesse, un suicidio che l’autopsia definirà ‘morte accidentale’, tanto quanto quella di Carlo Giuliani. Ricordo lo splendido testo di denuncia che scrisse Dario Fo, l’enorme dipinto di Enrico Baj, l’indignazione di tutti i democratici italiani. Poi ricordo soltanto tanto, troppo silenzio. Un silenzio in cui sono risuonati sinistri i boati di altre stragi e i colpi secchi che hanno ucciso – con la vigliaccheria che è geneticamente estranea a qualsiasi democrazia – il commissario Luigi Calabresi, l’uomo della ‘pista anarchica’.
Oggi posso dire con serenità che quest’Italia in cui sono diventato adulto può essere fiera di come ha sconfitto le strategie del terrore, di come ha individuato la matrice ‘nera’ di quella strage, può essere fiera di aver tentato di perseguire chi ha ucciso Calabresi, ed altrettanto fiera di essersi mobilitata per liberare chi, come Adriano Sofri, paga per un delitto non commesso. Può esserlo assai meno, però, per quanto riguarda gli assassini di Giuseppe Pinelli. Che nessuno ha mai realmente tentato di trovare.
E così io oggi sono qui, a trent’anni di distanza, con la pazienza e la costanza del tarlo – che è nobile e democratica creatura – a porre inflessibile la stessa domanda: chi ha ucciso l’anarchico Pinelli?
Credo proprio che lor signori ci debbano ancora anche questa risposta…

Lello Voce – Poeta