Magari saranno soltanto gli scherzi del palinsesto televisivo, insieme alla Cabalà del calendario e al destino beffardo, che si ostinano a far capitare cose orribili proprio il giorno di S.Valentino… Fatto sta che il 14 febbraio scorso è stato davvero impressionante vedere a CasaRaiUno, il programma dell’ineffabilmente melenso Gilletti, un nutrito gruppo di noti poeti italiani, tra cui Spaziani, Carifi, Cucchi, Minore, Ruffilli, starsene lì, buoni buoni, ad ascoltare le demenzialità gilettesche che affondavano la poesia a colpi di luoghi comuni e bestialità, quando in contemporanea, a New York, all’ONU, si discuteva del destino del mondo. A rendere la scena ancor più surreale, mentre tanta arte discuteva dell’amore valentino e tutto il resto del mondo si domandava se iniziare una nuova disastrosa guerra, c’era Giordano Bruno Guerri che, con fare da ubriaco molesto, rovesciava sul capo degli astanti pessime letture di ottimi poeti americani, trattando i poveri lirici nostri – valentini e innamorati – come provinciali: il tutto tra saltini e ghignetti un po’ bertucci. Il climax è stato raggiunto quando è stato inquadrato Paolo Ruffilli, in un tripudio di cioccolatini e torte e canditi a far da contorno a certe sue affermazioni, in sé interessanti e acute, a proposito dell’amore come antropofagia. Ruffilli ha retto il colpo con stile ed eroismo, ma io ho sofferto per lui. Gilletti, nel frattempo, dava sfoggio con gli altri della nota proprietà transitiva per la quale è impossibile che a una domanda sciocca possa corrispondere una replica intelligente. Né a nessuno di loro (poeti) è venuto in mente di dire nulla a proposito di ciò di cui normalmente dovrebbero interessarsi i poeti: i valori, i diritti, i sogni, tutte cose che la guerra promette di distruggere. Sulla guerra, almeno a quanto mi consta, non un emistichio, un mezzo piede, una strofetta di straforo. Futili, distratti, sostanzialmente inutili, come pesci rossi (grassi pesci rossi…) in un acquario confortevole e riscaldato. Persone ben educate con l’hobby della scrittura…
D’altra parte il 14 febbraio è la festa degli innamorati, solo perciò i poeti vanno in TV e certo non per far politica: per quello già bastano insegnanti e Comuni, con le loro stupide bandiere pacifiste. Un giudizio sintetico? Vergognoso. Né varrebbe dire che parlar d’amore è contrastare la guerra, se per parlare d’un amore che non c’è, si tace dell’odio e della sopraffazione che invece sono reali ed effettuali. Una volta, buon tempo antico d’avanguardia, c’era chi teorizzava i cadavres esquis: oggi per la poesia italiana – se essa fosse davvero quella mostrata nel teatrino gilettesco – basterebbe, eticamente parlando, riferirsi all’assai più prosaico morto che cammina.
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