Di Jean-Luc Nancy non è che poi io sappia molto. Fino ad oggi per me era solo un filosofo francese sostenitore del fatto che ogni essere sia in realtà un «singolare-plurale». Il che bastava, sia detto tra noi, a rendermelo simpatico, se non altro perché con questa idea io familiarizzo da molto, grazie alle mie esplicite tendenze filo-gaddiane e credo fermamente che ogni individuo sia in realtà una città, con tutti i suoi abitanti. Ora, grazie a un bell’articolo di Beppe Sebaste su l’Unità di ieri, Nancy mi è ancora più simpatico. E, così, poiché mi trovo a Roma, ben dotata di librerie francesi, sono corso a comprare il suo ultimo L’«il y a» du rapport sexuel (ed. Galilée).
A una prima veloce scorsa, più o meno claudicante a causa del mio francese un po’ arrugginito, pare che lo studioso francese abbia dato definitiva base filosofica ed epistemologica al berciare settantasettino ( e già prima sessantottino) in cui io eccellevo, ai tempi col capo coperto di ricciuta e folta chioma Hendrixiana: «Fate l’amore, non fate la guerra». Sano urlaccio, che immaginava corpi dediti al piacere e alla reciproca conoscenza, meglio se interrazziale e interculturale, reperto ormai polveroso, se volete, ma che ci farebbe tanto bene tirar fuori dalla soffitta delle ideologie sconfitte, col suo intreccio di gambe e tette e sessi, tutta un’altra roba dai cadaveri maciullati e bruciacchiati dalla puntuale pendolarità di attentati e guerre di rappresaglia a cui l’ultimo decennio ci ha abituati, al punto che quasi non proviamo più gusto nel divorare le nostre serotine pennette all’arrabbiata, senza il condimento multimedia di qualche ammazzamento o turpe e sanguinevole disastro. Fare l’amore è indubitabilmente meglio che vendicarsi, quale che sia il torto subito, e chi la pensa diversamente, a mio parere, dovrebbe correre a farsi curare.
Nancy, mixando con cura ed arguzia l’Antiedipo e Levinàs, ci conferma che il coito è la forma primigenia ed insostituibile di condivisone, e dunque l’allegoria suprema di ogni società. Come dice Sebaste «Più che l’arte di scopare questo libro tratta dell’essenza dello scopare, della fenomenologia trascendentale del rapporto sessuale». E lo fa con ironia, giocando d’arguzia carte etimologiche che accoppiano ( è proprio il caso di dirlo) coito e comunità, desiderio e cecità astrale.
In un mondo nel quale c’è un Abate a Montevergine che decide di cacciar via, a Candelora, i femminielli e i loro ceri votivi dalla chiesa, impedendo la loro devozione a quella Madonna, Nera e come loro diversa, a cui da sempre sono fedeli, in un tempo, dunque, di barbara intolleranza, il libro di Nancy è una boccata d’aria pura. Grazie, caro Nancy, e grazie a Sebaste per averlo segnalato, grazie a nome mio e di Wladimir Luxuria, portavoce dei femminielli e da oggi anche di tutti quelli che, come me, sono convinti che, se il coito è bello e utile a tutti, allora che sia anteriore o posteriore proprio non conta. Ci rifletta, Eminenza, ci rifletta…
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