
Lingua dell’inchiostro è un raffinatissimo e spericolato esercizio di levitazione del linguaggio sul suono, tutto giocato sulla ricchezza dei significati e sulla loro, non innocente, ambiguità. Il linguaggio di Yolanda Castaño è sempre affilatissimo. La Galizia e la sua lingua sono qui allegoria potente di un mondo dove identità sia sinonimo di apertura, inclusione, dialogo, una scommessa in cui ogni scelta poetica, formale, è, in sé, un atto profondamente politico.
Ma Lingua dell’inchiostro è anche una lunga e complessa riflessione sull’amore: quello per i luoghi e quello per i corpi, quello per le lingue e quello per i ritmi. Mentre la musica di Isaac Garabtos dà alle parole l’intensità e la dinamica necessarie a far volare i segni traducendoli in suoni e spaziando dall’elettronica al jazz, dal rock alla world music con una sonorità travolgente, creando una nuova lingua, fatta di fiato e di inchiostro, d’alfabeto e di saliva. (L.V.)
Dall’Introduzione di Anton Lopo
Quando recita sul palcoscenico la sua sola presenza è sufficiente a sciogliere lo spazio intorno nella imprecisione del miraggio. Il pallore rigeneratore. Gli occhi allungati di nero rafforzante. La delicata magrezza. Il collo sottile. Le narici che si aprono al ritmo del respiro. I capelli spesso scompigliati, come una pescatrice di Rianxo, capitale letteraria della Galizia, (lì nacquero Manuel Antonio, Castelao e Rafael Dieste, anche se la poetessa nazionale, Rosalia de Castro è di Compostela). In alcuni momenti, quando i fotografi e gli smartphone le impazziscono intorno, adotta con naturalezza una posa che emana per loro un secondo di straordinario fulgore. A volte ricorda uno di quei ritratti di profilo che faceva Maruxa Mallo o una dominatrice in tacchi alti a talloni uniti. Altre volte sembra un’attrice di cabaret o un’alunna ripetente o una boscaiola, una spia dell’entre guerre, una medium, una presentatrice in eurovisione, una emo, un’amicizia pericolosa, una cantante neogotica, un’intellettuale di sinistra, una radical chic… Si direbbe che giochi costantemente con il fenomeno imprevedibile delle apparenze, come una di quelle donne che si incarnano in tutte le donne che la adorano e che l’hanno nutrita (ancora Cindy Sherman). Prima di lei la figura della poetessa in Galizia aveva una identità da ideogramma. Con Yolanda Castaño la poetessa può essere una donna qualsiasi e anche diverse donne simultaneamente. Tuttavia l’immagine non la divora, è lei che usa l’immagine come veicolo dell’azione poetica. Disloca continuamente i modelli in una specie di operazione gaudente, dove la vita scorre a tinte placide e implacabili al contempo. La sua metamorfosi parte dalla fisicità.
La stampa ha detto
Siamo spesso dalle parti della metaletteratura (…) la riflessione diventa così vertiginosa e ambivalente. Isaac Garabatos la accompagna con naturalezza, sfoderando le sue doti di compositore e arrangiatore da sempre a suo agio anche nel mondo del teatro e del videoclip. L’esito è notevole, soprattutto in forza della straordinaria ricchezza -lessicale e concettuale- della lingua e della sua “non innocente” ambiguità Francesco Buffoli, Rockerilla
Decisamente meno cupo è l’universo di Yolanda Castaño, impegnata a scavare con profitto nel lessico. Il suo versificare sfiora il metagrammaticale (…) ma possiede l’indubbia abilità di traslare il lettore/ascoltatore in una dimensione parallela, non per questo evanescente, anzi Piercarlo Poggio, Blow Up
Alle ferite sociali e politiche consumate in gravide penombre sudamericane del precedente volume della collana fa da contraltare la riflessione in punta di penna della poetessa galiziana Yolanda Castano, incentrata sul ruolo della lingua e dell’identità. La accompagna, in un gioco di suggestioni e rimandi, il linguaggio musicale eclettico e aperto alle contaminazioni di Isaac Garabatos Alessandro Hellmann, Musicalnews
I versi di Yolanda Castaño già hanno un suono come uno spartito. Passando poi alla voce, mentre li trasforma in melodia, divengono una compilation di significati. Poesia da ascolto, musica da riflessione per il cuore Giulia Calligaro, Io donna-Il corriere della sera
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