1
Le parole sono finte file, furbe feste del senso,
strade cieche, legacci prepotenti, fame e stenti,
sono tessuti e pelle senza pori, specchi di tappi,
si annodano sciogliendo e ordiscono calappi,
sono le gambe lunghe e le bugie che menti,
trucchi strucchi, falsi, melensi, e fango denso.
Tu resta muta e cruda, non lo dire, non pensarlo:
ascoltane l’odore e carezzando il verso, a respirarlo.
4
Le lettere, gli alfabeti e i segni muti
le carni crude e i gesti già avvenuti
afflitti, smemorati, distratti, consolàti,
immobili, lisci, impressi, inquadernati
come coscritti, burbe, accenti caduti
in fila, coperti d’inchiostro, feriti a morte,
a mano tremante, ad arte, riconosciuti:
lettere tolte a sorte dal sillabario delle aorte.
17
Tre, trentatré, trecentotrentatré, milletré,
per uno, per due, a coppie, in fila per sé,
per mano, di fianco, dietro e davanti,
stretti, larghi, alti, bassi e, mano a mano,
di più, molti, troppi, pochi, abbondanti
scarsi, tracimanti, allineati a far baccano,
tutti, nessuno, qualcuno, questo e anche l’altro:
ognuno certamente certo d’essere il più scaltro.