Gentile Senatore, Lei mi ha deluso. Io ero abituato a pensare a Lei come al Nemico più pericoloso, all’autore delle strategie politiche più oscure, inquietanti ed efficaci di questa nostra Repubblica delle Banane. La Sua ombra gobbuta mi incuteva paura: la intravedevo spuntare (deliravo, certo) dietro ai più loschi e tragici affaires della Republique, la vedevo scivolar via intonsa da tutti gli snodi più ambigui della nostra cronaca nera politica, che si trattasse della P2 di Gelli, o dell’omicidio Pecorelli, dell’omicidio di Moro, del pasticciaccio brutto delle carte del covo di Via Monte Nevoso, di Gladio, o di Piazza Fontana! Senatore! Lei, che ho considerato per anni l’unico che potesse dirci una parola certa sui rapporti tra mafia e politica… Senatore! Lei era per me un superman: l’unico democristiano sfuggito a Tangentopoli! Senatore! Io La consideravo il Grande Vecchio, più mitico del Numero Uno di Alan Ford. Senatore! Lei per me – lo dico sinceramente – era il Diavolo.
Ma ora… Senatore! L’ho vista in TV, come un Fiorello qualsiasi, un Pippo Baudo rimpicciolito, un Cecchi Gori di seconda mano, a tirar su grana facendo la pubblicità ai videofonini. Lei, che ha incontrato i grandi del mondo, Lei che non è diventato Presidente della Repubblica solo perché aveva di meglio da fare. Senatore! Ma cosa fa? Mi casca su un pisello antennuto e video-trasmittente come una qualsiasi signora Longari? Ma si rende conto? Ora, se mai mi capitasse di incontrarLa, invece di chiederLe di vuotare infine il sacco su tante nefandezze repubblicane, mi verrebbe piuttosto da chiederLe: «Scusi, ma è lei quello che fa la pubblicità ai telefonini in TV, con la Marini?». Che vergogna…
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