Sembrava un Cristo incappucciato, elettrico,
i cavi legati ai polsi e alle caviglie,
un Nazareno o, a dirla con i Farisei, un nemico.
Invece era un musulmano torturato d’elettrodi, accecato
e poi fotografato come souvenir, o trofeo, come un dolce
ricordo per il comodino dell’aguzzino, un uomo fulminato.
A Roma gli hanno negato il visto per venire a ricordarci
d‘avere visto quello che abbiamo visto e per svelarci ch’era
risuonato il dolce idioma del sì tra i colpi e le violenze,
tra i corpi morti e il flash che li immortala: contractors dei
torti e dell’infamia, nostrani bravi del Rodrigo atlantico.
E come li chiameremo, infine, questi inclìti connazionali:
se non mercenari, saremo liberi almeno di definirli animali?
*Ali Shalal el Kaissi, 42 anni, è il prigioniero iracheno del carcere di Abu-Ghraib incappucciato e legato a dei fili elettrici nelle tristemente famose foto che testimoniarono delle torture inumane lì perpetrate. Ali attualmente vive in Giordania ed ha dichiarato a Rai News 24 che c’erano anche contractors italiani tra gli aguzzini di Abu-Ghraib. Il Consolato italiano gli ha recentemente negato il visto d’ingresso nel nostro paese.