1 Le parole sono finte file, furbe feste del senso, strade cieche, legacci prepotenti, fame e stenti, sono tessuti e…
Razos

Queste Razòs nascono dopo un silenzio durato 4 anni.
In questo periodo ho lungamente riflettuto sul mio fare: dopo decenni di spoken music, di poesia con musica, realizzata con compositori e strumentisti di valore internazionale, sentivo che ormai era forte la tentazione a ripetere stilemi, soluzioni, temi, con la certezza di una riuscita formale che, però, in qualche modo, rendeva pleonastico il mio comporre, tanto quanto il mio scrivere…
Ero sazio, non avevo più fame.
Bisognava avere il coraggio di cambiare, occorreva assumersi il rischio di una ricerca nuova, perché, a mio parere, la poesia è rischio e fame: il rischio della ricerca di forme inedite e la fame di progetti sempre nuovi.
È stato un viaggio lungo e faticosissimo, fin quando la soluzione mi è apparsa d’improvviso ed era proprio, paradossalmente, il non cambiare strada, ma percorrerla all’incontrario, non mettere da parte i miei amati Trovatori, ma trovare nella loro tradizione la maniera di tradirli, cioè, letteralmente, di trasportarli altrove, sino all’oggi e sino allo scritto.
Le Razòs, questo libro scritto che rifiuta di essere eseguito dal suo autore, non sono affatto una rinuncia o una delegittimazione dell’oralità che ha caratterizzato tanti anni della mia produzione, anzi ne sono – in qualche imprevedibile maniera – la naturale prosecuzione, in cui l’iniziativa performativa viene, però, ceduta dall’autore al lettore.
In questo libro ‘scritto’ risuona potentemente e chiaramente il mantice del respiro, questo libro ‘silenzioso’ è un invito al lettore perché inizi a parlare ad alta voce. A fare della poesia un’azione.
Nasce così un ‘libro di poesia senza poesie’, un libro di prosa, che però è evidentemente anche un libro di poesia, dove la poesia deve mettercela il lettore, perché di poesia nel mondo non sembra essercene più traccia e soltanto grazie a un nuovo patto tra autore e lettore – in cui il lettore non sia più solo un soggetto passivo, ma prenda invece la parola, metta in moto la sua creatività, le sue emozioni, la sua voglia di dire – sarà possibile far sbocciare di nuovo il ‘fiore inverso’ della poesia, come diceva il trovatore Raimbaut D’Aurenga: l’unico fiore che nasce con le radici rivolte verso il cielo.
Questo ‘libro di poesia senza poesie’ può, però, essere letto a vari livelli, non è un messaggio criptico, rivolto solo ai cultori di poesia.
È un libro fatto a strati: chi vorrà, anche se a digiuno di cultura poetica, potrà leggerlo in maniera complessivamente semplice, affidandosi ai suoi stimoli e lasciandosi portare per mano ad immaginare le ‘proprie’ poesie; chi invece vorrà andare a fondo, scoprirà un’altra serie di livelli e di rimandi che fanno del libro una sorta di ‘manuale di poetica’ o di ‘rassegna critica’ delle istituzioni letterarie e culturali.
Le Razòs prendono atto dello scacco che la vita dà sempre a tutte le arti e del fatto che è proprio in questo che sta l’essenza della poesia: le Razòs sono “un sogno per qualcosa che forse è perduto, irraggiungibile, ma a cui si può comunque attingere descrivendo la sua inattingibilità” (Tiziano Scarpa).
Le Razòs, cioè, fioriscono esattamente nello spazio che sempre separa la vita dalla poesia, sono il frutto di questo scacco matto del vivere al poetare.
Il riferimento stilistico più evidente è all’apparente, gelida distanza e imperturbabilità della poesia di Balestrini, che in realtà è un grimaldello perché le emozioni più vere e profonde, una sorta di pensiero emozionato, si facciano strada oltre la melma di ogni sentimentalismo di melassa retorica, e a quella di Corrado Costa, “con il suo prendersi alle spalle (oltre a prendere alle spalle chi lo legge), mai del tutto tautologicamente, ma facendo sempre sì che almeno uno spiraglio si veda” (Andrea Cortellessa).
Ma nelle sue vene sintattiche e lessicali continua a scorrere il sangue caldo di Haroldo De Campos, Elio Pagliarani, John Giorno, Horacio Ferrer. Farlo venire alla luce è compito del suo lettore.
Le Razòs nascono dunque all’incrocio tra le vicende e le poetiche, aristocratiche e raffinatissime, dei Trovatori e la visionarietà profondamente egualitaria di Fluxus, in cui ogni quotidiano può farsi arte, mentre il suo chiamare all’azione (immaginativa, ma anche performativa) il lettore porta chiare su di sé le stimmate del Situazionismo.
Profondamente ‘medievale’ è anche il riferimento costante alla matematica, alle sue proporzioni, ai suoi ritmi e ai suoi algoritmi, al suo essere parente strettissima della poesia, mentre assolutamente moderno è quello alle procedure gaussiane di costruzione dell’eptadecagono regolare, all’entropia, all’elettricità, al brusio incessante dell’informatica.
Questo libro è, insomma, un congegno ad orologeria, un conto alla rovescia allo scadere del quale la dissipazione del senso dovrebbe produrre nel suo lettore fame di nuova poesia, dovrebbe (è questa la sua scommessa utopica) fare di ogni lettore un nuovo poeta, costringerlo a correre il rischio di trasformarsi in un inedito e rinnovato autore.
È un ordigno esplosivo che, con il suo ticchettare, prelude alla deflagrazione di sempre nuova poesia.
RAZOS, La nave di Teseo, 2022
Razos ha vinto il Premio Bologna in Lettere 2023 e il Premio nazionale di poesia Paolo Prestigiacomo 2023