Alessandro Scotti: un esordio e il suo tempo

L’Unità, 2007 13 febbraio 2007 Articoli e recensioni
Alessandro Scotti: un esordio e il suo tempo

Questo di Alessandro Scotti, con il suo primo romanzo, Tempo, è uno degli esordi più interessanti, tra le tante new entry che ogni giorno affollano gli scaffali delle librerie. Ciò che colpisce è, prima di tutto, il coraggio di scegliere un tema scomodo, quello della malattia, della morte, del dolore, che piace poco al mainstream, ancor di più se, come in questo caso, esso sfugge a ogni ostentata spettacolarità, ma si fa, anzi, cronaca minuta e quotidiana. La scoperta della malattia, l’AIDS, con tutto quello che le consegue si intreccia, avvelenandola di sofferenza e scoramento, alla storia d’amore del protagonista, che, paradossalmente, si fa più intima, completa, decisiva, man mano che la malattia di lei avanza, senza che mai però, il dettato del narratore scada nell’abusato binomio amore/morte, restandone anzi sempre al di qua, grazie a uno sguardo sulle cose che è volutamente ‘stretto’, fortemente focalizzato sull’attimo, un’osservazione che, più che con i sentimentalismi, decide di avere a che fare con gocce, distillati di sentimenti, con frame essenziali di sensazioni e ‘materie’ relazionali. Ma, al di là delle scelte di trama, Tempo ha una sua spiccata personalità formale e stilistica scabra ed affatto invitante nei confronti del lettore distratto che vuole solo fare indigestione di storie toccanti. La sua è una prosa singhiozzante, fatta di periodi brevi e secchi, che si susseguono incalzanti come schiocchi. La paratassi sembra quasi mimare, con il suo continuo ‘stop and go’, il ticchettio regolare e scandito dell’orologio che segna impietoso il tempo che passa. O, al contrario, pare il risultato del tentativo disperato di arrestarlo, sezionandolo in istanti separati, frantumandolo in briciole di sintassi, in monconi d’emozioni, in schegge di vita, virtualmente immobili, pur se travolte, infine, dal flusso della cronologia incessante del reale. Ciò che ne viene fuori è una strana specie di ‘referto’, un elenco di istanti, come in un crudele videoclip, un alternarsi di buio e di luce che si presenta aleatoriamente, ma che è il solo, proprio grazie al suo pendolante andare e tornare (dalle scelte, al destino e di nuovo alle scelte), ad essere capace di garantire le condizioni minime di sopravvivenza di chi sopravvive: la speranza che nessuna storia mai si concluda, se non per disperdersi, fondersi e continuare in un’altra, nuova e imprevedibile.

Alessandro Scotti
i Tempo
TEA – Neon!

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